Tom Finney, l’idraulico di Preston

Tom Finney era un vero gentiluomo, l’umiltà fatta genio calcistico. Non è ricordato soltanto per la magia delle sue giocate sui campi d’Inghilterra nel dopo-guerra, ma anche per il suo fascino, la cortesia con la quale catturava tutti sempre. Sembrava che in ogni posizione in campo lui giocasse, quella fosse la sua. Usava indifferentemente entrambi i piedi e, pur non essendo alto, era forte anche di testa.

Tra le tante storie che lo riguardano, alcune divenute leggende, una racconta che dopo l’allenamento, rimanesse a calciare con il destro, lui che era un sinistro naturale, un vecchio pallone contro il muro del Deepdale, lo stadio di Preston, alla luce dei lampioni stradali.
Quando il Preston giocava in casa, raggiungeva lo stadio con il bus, e talvolta anche a piedi, con gli scarpini dentro una busta di carta marrone, perché la mattina, per arrotondare le sue entrate, lavorava come idraulico, da cui il suo soprannome -The Plumber.
La bravura e il successo di Finney non si possono misurare con il numero dei trofei vinti, ma per la sua intera carriera spesa con il Preston North End, per quanto sia stato importante per il club, con le 473 presenze e 210 reti, ma anche per la nazionale inglese, con cui ha collezionato 76 cap e 30 reti. Bill Shankly, che giocò con Finney al Preston prima di creare la leggenda del Liverpool, riassunse con il suo caratteristico humour la scarsa qualità dei compagni di squadra di Finney che egli, comunque, era riuscito a portare alla ribalta: "Tom avrebbe dovuto richiedere uno sgravio fiscale per aver dato un’opportunità nel calcio professionistico ai suoi 10 compagni di squadra".
Nel 1952 rifiutò l’offerta di un club italiano che gli aveva proposto un ingaggio di 100 sterline a settimana, una villa e una Maserati, decidendo di rimanere a giocare al Deepdale per 12 sterline a settimana.
Sebbene il suo ultimo stipendio, nel 1961, ammontasse a 20 sterline, non ha mai invidiati i guadagni milionari dei calciatori di adesso. Piuttosto, il suo appunto era che oggi molti giocatori mediocri, che non avrebbero giocato nemmeno nel suo Preston, vengono ricoperti di denaro.
Ha mantenuto sempre un comportamento esemplare dentro il campo – non è mai stato espulso - e fuori. Diceva che se uno aveva la fortuna di giocare al calcio per vivere, doveva rispettare il calcio. Non ha mai toccato l'alcol se non dopo aver appeso i suoi scarpini amorevolmente curati al chiodo.
Sempre Shankly, quando gli fu chiesto di comparare Finney ai giocatori della fine degli anni 70, disse che era stato il miglior giocatore che avesse visto, in grado di superare i migliori difensori, a qualsiasi età, anche indossando il soprabito. Ma Finney non ha mai vinto nulla.
Nel 1951, quattro anni dopo la vittoria per 10-0 a Lisbona, ispirata dalla sua prestazione, a Goodison Park il Portogallo venne sconfitto nuovamente, stavolta 5-3. Durante la cena del dopo-partita, tutti i giocatori portoghesi si alzarono in piedi; il capitano, invitando i suoi a sollevare i bicchieri, lo accolse con un “A Mr Finney, The Master.”
Il suo prestigio non fu scalfito nemmeno da uno dei due peggiori momenti della sua carriera. Il primo fu la più umiliante sconfitta nella storia del calcio inglese e della nazionale, subita a Belo Horizonte, durante la Coppa del Mondo 1950, per mano dei dilettanti degli USA. Il secondo, fu la finale di FA Cup persa 3-2 contro il West Bromwich Albion. Soltanto molti anni dopo Finney confesserà di aver giocato quella finale pur essendo infortunato.
Finney visse nella sua modesta casa di Preston per quasi tutta la sua vita. Si trasferì trasferì in una casa semi-indipendente più grande nelle vicinanze con sua moglie Elsie, fino al febbraio 2014, quando morì a 91 anni..
La sua statua, The Splash, ispirata ad una foto che lo ritraeva calciare in una pozzanghera a Stamford Bridge, domina l’arrivo al Deepdale, lo stadio del Preston, dove c’è anche il National Football Museum realizzato lì proprio per sottolineare quanto sia stata fondamentale la figura di Finney per il calcio inglese.