Il mistero della FA Cup rubata (1)
Birmingham, nella tra il 10 e l'11 settembre 1895, come in una scena di un film, si consuma uno dei misteri della storia del calcio: il furto della FA Cup.
A Londra, il 20 aprile l’Aston Villa aveva conquistato la sua seconda FA Cup battendo i rivali del West Bromwich Albion a Selhurst Park. La partita era stata decisa da un gol segnato dopo 30 secondi. Anche in questo caso, ancora oggi, rimane l’incertezza su chi e quando avrebbe segnato. Le cronache della partita lo collocano tra i 30 e i 39 secondi dall’inizio e indicano in Bob Chatt l’autore della rete. Ward e Griffin, storici dell’Aston Villa, riportano, invece, che i giocatori del Villa sostenevano che il gol fosse stato segnato dal capitano Jack Devey che avrebbe deviato in rete con il ginocchio il tiro di Chatt. Questo gol sarebbe rimasto il più veloce di una finale di FA Cup sino al 2009, quando Saha segnò per l’Everton dopo 25 secondi.
Al ritorno da Londra, dopo i festeggiamenti, la coppa venne messa al sicuro nella sede del club. William Shillcock era un produttore e commerciante di calzature e non solo, che forniva gli scarpini ai giocatori dell'Aston Villa, ma anche maglie da gioco e otto differenti tipi di pallone, tra cui quello usato dal Villa e dalla nazionale inglese. Ma Shillcock era anche un grande tifoso, e così quando chiese di esporre nella vetrina del suo negozio la coppa, il club acconsentì di buon grado.
Il trofeo comparve nella vetrina di Shillcock verso la fine di agosto e per due settimane attirò una gran folla di visitatori e, senza dubbio, un discreto volume di affari extra per il commerciante-tifoso. Era lì, sul suo basamento di legno, circondata da scarpini, la coppa d'argento alta 41 centimetri, dominata da una minuscola figura barbuta con il pallone.
Come al solito, quella sera Shillcock chiuse il negozio intorno alle 21. Quando, la mattina dopo alle 8 riaprì, si accorse subito della cassa manomessa, da cui mancavano due o tre scellini. Poi vide pezzi d'intonaco sul pavimento e un piccolo buco nel tetto. Ma le due casseforti del negozio erano intatte e gli altri oggetti di valore al loro posto. Poi lo sguardo cadde sulla vetrina e scoprì che la coppa era sparita.
La polizia di Birmingham ispezionò la scena del crimine e concluse che i ladri erano passati dal buco nel tetto, dopo aver scalato i 4 metri del muro esterno. Convenne anche che non era stata "un'impresa facile" e che avrebbe potuto essere compiuta soltanto da qualcuno giovane e in forma. Sul tetto, gli investigatori trovarono uno scalpello e una spatola, che erano stati usati per creare il foro, largo 30 centimetri. Le travi di legno e il soffitto in gesso erano stati poi sfondati con gli stivali. La dimensione ridotta del buco e la presenza di impronte piccole avvalorarono i sospetti dei detective che i ladri fossero giovani "poco alti".
Il negozio di Shillcock era assicurato, ma la polizza copriva, ovviamente, solo il valore materiale della coppa. Il proprietario offrì una ricompensa di 10 sterline (circa 1.200 di oggi) per chi avesse fornito informazioni utili al ritrovamento. In quanto detentrice del trofeo, tuttavia, l'Aston Villa era responsabile della sua sicurezza e pertanto fu condannata a pagare una multa perché la coppa era sotto la sua custodia. La polizia, appurato che non vi erano elementi per poter risalire ai responsabili, chiuse il caso.
Sessantatré anni dopo, un ottantenne residente in una casa di riposo per anziani fece una “confessione clamorosa”. “I Stole the FA Cup" (Ho rubato la Coppa), questo “strillava” in prima pagina il Sunday Pictorial - che presto si sarebbe chiamato Sunday Mirror - di domenica 23 febbraio 1958, che pubblicò la sua esclusiva con il titolo “Soccer’s biggest riddle” (il più grande enigma del calcio).
L’uomo si chiamava Harry James Burge che, dal 1897 a quel febbraio 1958, aveva collezionato la bellezza di 42 condanne e aveva passato 46 anni e 11 mesi dietro le sbarre. I rapporti della polizia lo definivano un "ladro cronico" e un "pericolo per la comunità".
Burge, minorenne nel 1895, rivelò che insieme ad altri due coetanei era stato l’autore del furto. Invece che avventurarsi a scalare il muro esterno del negozio, i ladri sarebbero arrivati al tetto più semplicemente, attraverso il laboratorio deserto: “Poco dopo mezzanotte, forzammo la serratura della porta con un piede di porco. Una volta dentro, salimmo sul tetto tramite una finestra del piano superiore, sopra la vetrina del negozio." Dopo il furto, a piedi, avrebbero raggiunto la casa di Burge, in Hospital Street, in pochi minuti. L'argento della FA Cup venne fuso quella stessa notte per essere trasformata in mezze corone false (del valore di due scellini e sei pence, circa 15 sterline odierne), che i tre avrebbero poi spacciato in un pub di Birmingham, il Salutation, di proprietà dell'attaccante del Villa Dennis Hodgetts e frequentato da molti dei suoi compagni di squadra, alcuni dei quali, secondo Burge, "potrebbero aver maneggiato quelle monete che provenivano dalla coppa che avevano vinto".
Burge, insieme a un fotografo del giornale, tornò dove era il negozio di Shillcock, all'epoca una drogheria, per alcune pose in cui spiegava come avesse aperto la porta sul retro.
La polizia di Birmingham inizialmente dichiarò che avrebbe riaperto il caso e incriminato Burge, ma le prove del furto erano così labili che non venne intrapresa alcuna azione, anche perché furono individuate delle discrepanze tra il racconto di Burge e le cronache e i rapporti dell’epoca.
Al tempo, la polizia aveva informazioni su bande di falsari e aveva effettuato alcuni arresti a Newtown dove venivano fabbricate mezze corone false con argento fuso, frutto di furti. La polizia non aveva denunce a carico di Burge per reati di falso nel 1895. Dai registri della polizia emergeva che Burge fosse un ladro che rubava nei negozi o svaligiava case come e quando se ne fosse presentata l'occasione.
Henry Burge, tre mesi dopo la confessione del furto, fu accusato di aver rubato dei cappotti da un furgone. Al processo, il suo avvocato si rimise alla clemenza della corte, a causa dell'età avanzata e delle cattive condizioni di salute. Il giudice, sulla scorta delle 42 precedenti condanne a partire dal 1897 e dal fatto che era stato condannato a un totale di quasi 47 anni di reclusione durante la sua vita, così sentenziò: "L’anno scorso le avevo detto che se avesse commesso nuovamente questo genere di reati invece di porre fine alla sua vita da criminale, l’avrei spedito in prigione per molto tempo. A causa della sua età speravo di poter accedere alla richiesta del suo avvocato, essere clemente. Ma la società deve essere protetta da un uomo come lei che ha passato tutta la sua vita a rubare”. La sentenza fu dura: sette anni.
Nel 1961, Burge fu scarcerato e rinchiuso in una casa di riposo. Morì nel settembre del 1964 al Summerfield Hospital, dopo aver passato più di 50 anni nelle carceri di Sua Maestà.
Ma Burge è credibile? O è soltanto un malvivente di mezza tacca, che dopo aver passato due terzi della sua vita in prigione, ha avuto il suo momento di celebrità? Ha davvero rubato la coppa o è un mitomane? Nonostante la sua confessione, le discrepanze tra i rapporti nei rapporti impediscono di giungere a una conclusone definitiva.
(continua)